Desidero precisare alcuni punti, perché convinzioni tecniche sbagliate rischiano di portare poi a scelte non vantaggiose. Innanzitutto è errato valutare i diaframmi degli obiettivi e la profondità di campo (Pdc), cioè lo spessore spaziale a fuoco, che ne consegue, come valori assoluti: F8 di una reflex e di una compatta non si equivalgono affatto in quanto a Pdc che producono. Per avere un raffronto realistico occorre moltiplicare per un valore, che è proporzionalmente connesso alla reale dimensione del sensore. Per intenderci, a parità di inquadratura, una macchina fotografica con sensore full frame (FF) a F8 dà una certa Pdc: un sensore Aps-c come quello di Daniela, che è più piccolo di un FF, sempre a F8, dà una Pdc maggiore, equivale a un F12 di FF (si moltiplica per 1,5). Un sensore da compatta da 1/2,5”, che è piccolissimo, va moltiplicato per 6, quindi in questa compatta F8 equivale a F48 di una FF e quindi darà la Pdc di questo enorme valore. Per comodità metto i valori di moltiplica dei vari formati, per renderci conto dei risultati che effettivamente otterremo: il micro 4/3 di Olympus e Panasonic, valore di moltiplica 2, i sensori da 1 pollice, come FZ1000, valore di moltiplica 2,7 , sensori da 1/1,7”, presenti in compatte un po’ più performanti, valore di moltiplica 4,66. C’è da dire un diaframma stretto aumenta sì la Pdc, e questo in macro è un vantaggio, ma incrementa anche purtroppo la diffrazione, per cui l’immagine diviene progressivamente confusa, blurizzata. Per questo nelle compatte non permettono di chiudere il diaframma oltre F8: più in là l’immagine diverrebbe impastata da parere non più a fuoco. Per intenderci, anche in macro dove la Pdc non basta mai, si evita in genere di andare oltre F22 di una FF e rapportati valori inferiori nei formati più piccoli, per non finire di avere più un danno che un vantaggio. Detto e chiarito questo aspetto molto importante, cerchiamo di capire pregi e difetti dei vari sistemi. Le compatte sono comode, fanno macro discrete, ma con due difetti gravi di base: la macro la fanno solo in grandangolo, costringendo ad avvicinarsi molto, con molta deformazione e scarso isolamento del soggetto. Inoltre i sistemi di autofocus (AF) difficilmente sono molto selettivi e spesso prendono lo sfondo anziché il soggetto. Sono perfettamente d’accordo con Daniela, per realizzare immagini dettagliate, precise, mirate di particolari minuscoli, una reflex oppure anche una mirrorless con obiettivo macro 1:1, un flash e diaframma piuttosto stretto, sono insostituibili, non si sbaglia un colpo e anche in Natura, si va in velocità senza problemi. Con le compatte, certo, si è più leggeri, ma non certo veloci, a volte per centrare a fuoco un particolare occorre tempo e fatica. Per la mia esperienza, invece, le lenti diottriche come la Raynox DCR-250 aiutano molto e permettono, pur con più lentezza e difficoltà rispetto a una reflex, risultati di valore. Occorre solo allenarsi a piazzare velocemente la lente a 11 cm circa dal soggetto, zoomare e azionare l’AF della macchina. Vantaggi: intanto si lavora in zoom con tutti i pregi di una macro fatta non in grandangolo. Poi il soggetto viene isolato bene e l’AF è agevolato nell’aggancio giusto. Insomma il sistema funziona bene, purché si rispetti la giusta distanza dal soggetto e non si zoommi oltre i 150, massimo 200 mm equivalenti. Per quanto riguarda i dubbi di Davide sulla scelta della nuova macchina, personalmente andrei dritto sulla Fz1000: oggi si trova su Amazon sui 600 euro e li vale tutti, ha un sensore eccellente e un obiettivo di qualità, insomma un salto netto rispetto alle compattine. Un obiettivo f2,8-4 è comunque luminoso, lavora su un sensore enormemente maggiore di dimensione rispetto alle compatte. Certo il volume e il peso non è di una compatta, ma tutto a questo mondo non si può avere
. Un saluto a tutti, Riccardo