Valori di indicazione secondo Ellenberg *

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vilmore
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Valori di indicazione secondo Ellenberg *

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Biondicazione attraverso le piante vascolari. Valori di indicazione secondo Ellenberg (Zeigerwerte) per le specie della Flora d’Italia.



Sandro Pignatti, con la collaborazione di Patrizia Menegoni e Silvio Pietrosanti


Introduzione
Quando ELLENBERG, trent’anni fa (1974), pubblicava il catalogo della flora della Germania, nel quale si forniva per ciascuna specie una definizione rispetto ai principali fattori ecologici, mediante valori numerici, probabilmente pochi si sono resi conto del fatto che, nella scienza della vegetazione, si apriva una nuova pagina. Il valore delle piante e delle comunità vegetali come indicatori delle condizioni ecologiche era già presente, almeno in forma implicita, nelle più significative opere dei primi fitogeografi, e questo argomento entra ampiamente nell’opera fondamentale di BRAUN-BLANQUET (1928): come idea di significato generale, dunque, non era una novità; fino a quel momento, tuttavia, gli Autori si erano limitati a constatare le correlazioni tra determinate condizioni ambientali e la distribuzione di specie oppure di comunità. La proposta di ELLENBERG va molto più avanti: vengono scelti i 6 fattori ecologici cruciali per comprendere le condizioni nelle quali si svolge la vita delle piante (luce, temperatura, continentalità del clima, acqua, pH, nutrienti) ed il peso di questi fattori viene indicato per tutte le specie della flora germanica. Ai sei fattori che agiscono su tutte le specie, se ne aggiungono altri con significato limitato a casi particolari, ad es. la salinità, che nell’Europa Centrale si rileva soltanto negli ambienti costieri. La novità di questa proposta consiste nel fatto che in questo modo viene creato un iperspazio a sei dimensioni, nel quale ogni specie può essere inserita in una posizione determinata: un primo esempio di spazio ecologico inteso non soltanto come concetto astratto, ma come unità operazionale, applicabile a tutte le piante vascolari, che sono il componente essenziale dell’ecosistema. In questo modo veniva offerto alla comunità scientifica uno strumento interamente nuovo per analizzare e spiegare i rapporti tra la pianta e l’ambiente. L’analisi è eseguita in base ai Zeigerwerte, un concetto che oggi si può esprimere come bioindicazione, e fornisce risultati numerici facilmente comprensibili, che possono essere utilizzati anche a scopo applicativo.

Heinz ELLENBERG, dopo una fruttuosa permanenza al Politecnico di Zurigo (ETH), era allora professore a Göttingen. Negli anni ’70 del secolo da poco conclusosi, la prima fase di impetuoso sviluppo della fitosociologia stava ormai concludendosi: il risultato era reso pubblico in un gran numero di ricerche di ecologia della vegetazione, corredate da una imponente quantità di rilievi, ed era possibile pensare che, a questo punto, tutti i più rilevanti aspetti della vegetazione fossero conosciuti e descritti, almeno nell’Europa Occidentale a clima temperato. Questo materiale si trovava però distribuito tra numerose sedi scientifiche, spesso in archivi personali, e la bibliografia consisteva in almeno un migliaio di lavori, spesso su periodici locali a scarsa diffusione, in una quindicina di lingue diverse. ELLENBERG non aveva mai mostrato molto interesse per una descrizione di nuove associazioni, basata soltanto su caratteri floristici, ma in questo periodo si era impegnato in alcuni contributi importanti, per sviluppare questo sapere secondo un principio scientifico unitario: la trattazione sulla fitosociologia applicata all’agricoltura (1950-1954), le collaborazioni alla “Einführung in die Phytologie” di WALTER (1956, 1963), la vegetazione forestale della Svizzera (1972, in collab. con F.KLÖTZLI). Questa attività porta alla redazione del fondamentale trattato “Vegetation Mitteleuropas mit den Alpen”, che dal 1963 in avanti ha avuto numerose edizioni e traduzioni. Anche il volumetto su “Zeigerwerte”, si inserisce in questo lavoro di sintesi, infatti nella Introduzione, il significato dell’opera viene indicato come “ riassunto di conoscenze disperse e supporto per il lavoro” (Zusammenfassung verstreuten Wissens und Arbeitshilfe); lui stesso paragona il suo lavoro ad una sorta di Tavole dei logaritmi per chi studia l’ecologia delle piante. Questo lavoro viene dunque presentato come strumento di lavoro per ricerche future, basato sulla sintesi delle conoscenze allora disponibili.

A questo avanzamento sul piano concettuale corrisponde il fatto che, proprio in quel periodo, ci si stava rendendo conto, che l’operosità degli studiosi mediante il metodo fitosociologico aveva accumulato una esperienza imponente, quantizzabile come rilievi in numeri a cinque o sei cifre; essa non avrebbe però potuto venire utilizzata usando soltanto il metodo applicato fino a quel momento, e cioè il confronto manuale tra le singole specie, e si rendeva necessario il passaggio a metodi di elaborazione automatica. Quasi contemporaneamente (1969) era partito il Working Group for Data Processing che in pochi anni dava una risposta a questa esigenza (VAN DER MAAREL, ORLOCI, PIGNATTI, 1980). Alle prime sedute del Working Group aveva partecipato anche ELLENBERG, che era molto interessato ai problemi di elaborazione dei dati; a quel tempo si lavorava soprattutto con schede perforate. In effetti, nella sua pubblicazione del 1974 è prevista la possibilità di utilizzare i Zeigerwerte per elaborazioni mediante computer, però si arriverà a questo soltanto 20 anni più tardi. Anche in questo Ellenberg ELLENBERG è stato dunque un innovatore e precursore.

La novità introdotta da Ellenberg ELLENBERG nel 1974 è basata su una felice intuizione: utilizzare l’enorme evidenza raccolta sulla distribuzione geografica e topografica delle piante, come metodo di bioindicazione. Si abbandona quindi la pretesa di arrivare ad una conoscenza esatta dei rapporti tra ogni singola pianta e l’ambiente, un obbiettivo comunque irraggiungibile, tenendo conto che nella sola Germania vivono migliaia di specie, ma contemporaneamente si rendono accessibili le conoscenze finora raccolte. Il metodo di bioindicazione (Zeigerwerte), proposto da ELLENBERG (1974, riveduto ed ampliato nel 1979 e 1992) è basato su criteri rigorosi, però immediatamente comprensibile e di facile applicazione. Per tutte le specie della flora della Germania, il comportamento rispetto ai sei fattori ecologici viene sintetizzato mediante una scala numerica:
• L – radiazione luminosa (1-9)
• T – calore (1-9)
• C – continentalità del clima (1-9)
• U – umidità o disponibilità di acqua (1-12)
• R – reazione del suolo (1-9)
• N – nutrienti (1-9)
• (S – salinità, 1-3)

Le scale utilizzate hanno in generale 9 valori, ma in due casi se ne usano 3 e 12: la salinità può venire assimilata agli altri sei fattori, ma è di uso limitato. I valori di bioindicazione si possono applicare a specie, flore, comunità, complessi di vegetazione, possono venire trattati con metodi statistici e rappresentati graficamente. Solo dopo alcuni anni questi valori sono progressivamente entrati nell’uso, soprattutto in Germania e nei paesi vicini (ZARZYCKY, 1984; BORHIDI, 1993), e recentemente sono stati proposti anche per la flora dell’isola di Creta (cfr. BÖHLING, GREUTER E RAUS, 2002, dove viene fornita un’esauriente bibliografia). E’ stato anche proposto di riunire i sei valori in un’unica espressione grafica (ecogramma, costituita da un grafico–radar, vedi fig. 1) che costituisce un vero e proprio fingerprint (PIGNATTI, ELLENBERG e PIETROSANTI, 1996). Mediante ecogrammi è possibile un confronto visivo immediato tra differenti ecosistemi, molto più facilmente interpretabile che una tabella con centinaia di numeri. Nei volumi sui boschi d’Italia (PIGNATTI, 1998) e sulla vegetazione di Roma (FANELLI, 2002) vengono forniti gli ecogrammi per centinaia di associazioni.

L’idea di utilizzare le piante come bioindicatori non è nuova. In effetti, già Iversen (1936) aveva proposto un procedimento in questo senso. ELLENBERG stesso, in diverse pubblicazioni, aveva ripetutamente trattato il problema della definizione di gruppi ecologici quali componenti delle comunità vegetali, e nella terza edizione dei Zeigerwerte viene proposto un programma per elaborazioni su personal computer (WERNER und PAULISSEN, 1992). La definizione ecologica secondo criteri generali viene data per tutte le specie della flora germanica (però senza l’uso di indici numerici) nella Pflanzensoziologische Exkursionsflora di Oberdorfer, comparsa nel 1962 e seguita da numerose riedizioni accresciute e perfezionate, durante quasi 40 anni. Pochi anni prima della pubblicazione dei Zeigerwerte, un gruppo di geobotanici ungheresi, coordinati da ZOLYOMI (1069) aveva elaborato un catalogo di 1400 specie della flora ungherese, da utilizzare come bioindicatori. Una classificazione analoga a quella di ELLENBERG, ma su fattori parzialmente differenti, è stata successivamente proposta per la flora svizzera da LANDOLT (1977); essa riprende i fattori indicati da ELLENBERG, però elencati in un ordine che appare meno logico, e ne aggiunge altri due, riguardanti il suolo: humus e volume dei pori. Questi sviluppi non avevano grande seguito tra gli studiosi italiani, anche perché la flora della Germania comprende soltanto meno della metà delle specie presenti in Italia. Solamente in qualche lavoro riguardante la flora alpina venivano utilizzati i valori proposti da LANDOLT per la Svizzera, mentre per il Gran Sasso veniva realizzato un procedimento ad hoc (ZUCCARELLO, in BIONDI, 1999); comunque, tutta l’Italia mediterranea rimaneva tagliata fuori dalla possibilità di applicare questo metodo di lavoro. Per questi motivi, già nel 1993-94 ci siamo impegnati nel compito di fornire analoghi valori di bioindicazione per le specie della flora italiana, anche facendo seguito ad un suggerimento di G. SAULI, interessato alle possibilità di applicazione dei risultati. Da allora, per quasi 10 anni, sono state effettuate misure in campo per tarare i valori di bioindicazione con campagne nell’Italia Centrale, Appennino, Dolomiti, Sicilia (Onori, 2002). I valori ed i metodi di elaborazione sono stati sperimentati nell’attività del nostro gruppo di ricerca, e sono ormai di uso comune (PIGNATTI et al., 2001), quindi abbiamo deciso di metterli a disposizione della comunità scientifica, come prima approssimazione, in modo che un più ampio collaudo possa permetterne il miglioramento e completamento.

Questa versione adattata alla flora d’Italia è in uso da 10 anni (CELESTI, PIGNATTI e PIGNATTI WIKUS, 1993, 1994) ed è stata sperimentata sulle associazioni forestali (PIGNATTI, 1998), in lavori ad ampio respiro sulla vegetazione mediterranea (PIGNATTI et al., 2001; FANELLI, 2002), alpina (PIGNATTI E. e S., in pubbl.), ed in molti altri lavori di argomento specializzato (LUCCHESE e MONTEROSSO, 1994; LUCCHESE F. e LATTANZI E., 2000; BIANCO et al., 2003). Le modalità di utilizzazione sono esposte in forma di manuale tecnico-scientifico (PIGNATTI et al., 2001; ONORI, 2004): esso ha avuto scarsa diffusione, ma può essere reperito nel sito dell’ARPA Val d’Aosta, e ad esso si rimanda per l’ampia bibliografia. Presso gli Autori si hanno programmi per ottenere medie ed ecogrammi su qualsiasi materiale pertinente alla flora d’Italia.



La base razionale e scientifica
Ogni volta che una pianta, per cause naturali, si trova a vegetare in un determinato sito, questo è una prova che il sito è compatibile con le sue esigenze ecologiche: dalla sua presenza si possono dunque ricavare informazioni sulle caratteristiche ecologiche del sito stesso. La vegetazione si può pertanto interpretare come un segnale, che fornisce informazione sulle condizioni ecologiche dell’ambiente (PIGNATTI, 1980). I valori di bioindicazione costituiscono la valutazione numerica del segnale che ciascuna specie fornisce, sull’incidenza dei principali fattori ecologici nel determinare le caratteristiche del sito: si tratta di una valutazione soggettiva, ma che tiene conto di una grande quantità di fatti obbiettivi: distribuzione geografica e topografica della specie, misure sperimentali in campo, paragoni con altre specie. Per motivi pratici, questi fatti non potrebbero venire dettagliati di volta in volta, quindi essi sono sintetizzati con un numero.

In termini generali: il sistema complesso può essere difficilmente rappresentato nella sua totalità - anche l’ecosistema viene trattato come sistema complesso - esso viene analizzato mettendo in evidenza i singoli fattori, ciascuno dei quali ha la possibilità di variare da un minimo ad un massimo in maniera lineare - l’intensità dei fattori viene espressa mediante una scala empirica. Con questa operazione il sistema viene scomposto nei suoi componenti: si perde informazione sulle relazioni che reggono il sistema, ma si acquista la possibilità di effettuare confronti e mettere in evidenza processi dinamici e linee tendenziali. La presenza delle specie vegetali viene utilizzata come indicatore dello stato del sistema. Il passaggio dalla valutazione dei fattori mediante misure dirette ad una stima basata su indicatori può sembrare un’incongruenza rispetto al metodo della ricerca sperimentale. Tuttavia, nell’attività economica e gestionale, è normale ricorrere ad indicatori quando la complessità della vita moderna ci mette continuamente di fronte a problemi che non possono venire risolti a causa della incompleta conoscenza di alcune componenti. Ad es., per quantificare la produzione industriale si usa come indicatore il consumo di energia elettrica; il numero di elettrodomestici è l’indicatore per la confortevolezza delle abitazioni, la diminuzione del numero di disoccupati è l’indicatore per l’intensità dell’attività economica; il costo della vita viene calcolato sulla base di un paniere di indicatori scelti tra le merci di largo consumo. Utilità e limiti di questi metodi di valutazione sono ben noti; anch’essi sono basati su scelte soggettive, talora opinabili, anche perchè possono coprire interessi particolari. Però anche in questo caso si tratta della risposta alla necessità di esprimere con un numero, utilizzabile a fini operativi, un complesso insieme di conoscenze.

I valori di bioindicazione sono espressi mediante una scala di valori. In ELLENBERG (1974) la scala comprende i valori 1-9 oppure 1-12; la scala con 9 gradi concettualmente deriva da una scala 1-5, che risulta più semplice e intuitivamente connaturata alla natura umana: scale a 5 gradi si usano in moltissimi casi, dalle votazioni scolastiche alla classificazione degli alberghi. Esse sono state usate anche in ecologia vegetale (ad es. nei rilievi fitosociologici e nelle classi di presenza di tabelle sinottiche) ed anche dallo stesso ELLENBERG in lavori precedenti. Secondo la sua spiegazione, la scala a 9 gradi deriva da quella di 5 gradi, con l’interposizione di valori intermedi tra l’uno e l’altro grado (cioè negli intervalli 1-2, 2-3, 3-4, 4-5), in modo da arrivare ad un maggiore capacità di risoluzione. Ricordiamo che per il fattore idrico (U), ELLENBERG ha proceduto ad espandere la scala con i valori 10 – 11 – 12, riservati alle piante che vivono immerse in acqua (parzialmente o completamente) mentre per la salinità di hanno soltanto i valori 1-3.

I fattori ecologici sono stati scelti in maniera ragionata: 6 di essi sono risorse essenziali per la vita delle piante e non è pensabile che essa possa svolgersi in mancanza di essi: si tratta di 3 fattori fisici che interessano il clima (vedi sopra: L, T, C) e di 3 fattori che riguardano la chimica del suolo (U, R, N): i valori per questi 6 fattori vengono forniti per tutte le specie. Si aggiungono altri due, facoltativi, e cioè salinità (S) e adattamento ai metalli pesanti. Nella nostra lista viene considerata soltanto la salinità, come settimo fattore (S), mentre si trascurano i metalli pesanti, in quanto nella flora italiana si conoscono soltanto pochi casi di specie adattate a questi ambienti.

Nell’interpretazione di questi valori numerici bisogna fare attenzione. Quando si legge ad es. che Viola mirabilis ha valore di umidità 4, mentre Viola reichenbachiana ha 5, non si è autorizzati a concludere che la prima ha minori esigenze idriche della seconda, ma soltanto che, se osserviamo due siti comparabili, l’uno con la prima e l’altro con la seconda specie, è probabile che il primo sia più arido del secondo. Infatti, nelle comunità vegetali finora studiate, la prima si presenta in quelle che sono proprie degli ambienti più aridi. ELLENBERG insiste in diverse occasioni sul fatto che i caratteri della nicchia occupata da una specie, quando cresce in una comunità, non corrispondono necessariamente al suo optimum ecologico, anzi spesso ne differiscono in maniera significativa. La bioindicazione si riferisce dunque soltanto alle condizioni di crescita quando la specie è soggetta alla concorrenza di altre. Va dunque tenuto presente che, come testualmente afferma ELLENBERG (1974, p. 9), “Quando si utilizzano le cifre bisognerebbe sempre tenere davanti agli occhi l’esatta spiegazione dei valori utilizzati. Così si resta consapevoli del fatto che si tratta di una graduazione relativa basata sull’importanza della frequenza nell’ambiente” (le spaziature sono nel testo originale). E successivamente (p. 11) ribadisce: “Le cifre dunque non dicono nulla sulle ‘esigenze’ fisiologiche delle piante prese in considerazione”.


Istruzioni per l’uso
Per quanto riguarda la quantificazione dei valori di bioindicazione, in questa Prima Approssimazione ci si attiene, nei limiti del possibile, a quanto è scritto in ELLENBERG (1974). Una definizione dettagliata dei singoli valori è data alla fine di questa Introduzione. Nella pubblicazione originale, oltre ai valori numerici da 1 a 9 (12 e 3 per umidità e salinità) si hanno altre indicazioni: × (specie indifferenti) e ? (comportamento non precisato), inoltre i valori indicati in corsivo sono da considerare incerti. Abbiamo semplificato i criteri di valutazione usando soltanto due abbreviazioni:
× specie indifferenti (ampia distribuzione in ambienti diversi)
0 comportamento non precisato (sostituisce ?)

I dati sono presentati in forma tabellare: le colonne nell’ordine riportano:
A – numero d’ordine in PIGNATTI (1982)
B – codice a 7 cifre da PIGNATTI (1982)
C – denominazione scientifica delle specie
D – forma biologica
E – corotipo
F – Luce
G – Temperatura
H – Continentalità
I – Umidità o disponibilità di acqua
R – Reazione del substrato
N – Nutrienti
S – Salinità

Le variazioni rispetto all’edizione originale, che sono risultate necessarie allo scopo di adattare la bioindicazione alle condizioni del nostro territorio, sono dunque le seguenti:
• La scala dei fattori L e T viene allargata fino a 12, per includere i valori relativi alle specie della flora mediterranea (per la giustificazione, vedi sotto).
• I simboli ? sono sostituiti dallo 0, per poterli trattare in elaborazioni automatiche; per lo stesso motivo si rinuncia ai numeri in corsivo esprimenti incertezza.
• Si è fatto uso limitato dello 0 (corrispondente a ?), ed in molti casi dove ELLENBERG ha usato il simbolo ? è fornito un valore di significato tendenziale.

Va inoltre tenuto conto, che l’inserimento dei valori di continentalità risulta poco significativo in un paese come l’Italia, circondato su tre lati dal mare: la maggioranza dei valori sono infatti nella media (4-6). Oltre ai valori di bioindicazione, viene indicata per ciascuna specie la forma biologica ed il corotipo, secondo gli standard di PIGNATTI (1982). Nella redazione per la flora germanica viene anche indicato il “comportamento sociologico”, ma questo per l’Italia ci sembra ancora prematuro. Con queste variazioni, che riguardano dettagli, l’impostazione data da ELLENBERG (1974) viene mantenuta nelle sue linee essenziali ed i risultati sono confrontabili con quelli ottenuti finora sulla vegetazione dei paesi centroeuropei; con le integrazioni necessarie la lista qui fornita viene resa adatta all’inserimento dei dati fitosociologici rilevati in Italia, e compatibile con gli usuali programmi di calcolo automatico. Si tratta ovviamente di una prima approssimazione, come base che si spera possa venire migliorata ed aggiornata in futuro.Va tenuto presente che si tratta di quasi 6000 specie, oltre metà dell’intera flora d’Europa: non esiste un esempio di parametrizzazione di estensione paragonabile nella letteratura riguardante la vegetazione, in Europa o altrove.


Per quanto riguarda la nomenclatura, ci siamo tenuti strettamente a PIGNATTI (1982), in quanto si tratta della più recente opera pubblicata, e comprendente tutta la flora d’Italia. Questo, allo scopo di facilitare i confronti; per lo stesso motivo, viene anche fornito per ogni specie il numero d’ordine utilizzato nella stessa opera. Negli ultimi venti anni ci sono state molte modifiche nomenclaturali, alcune delle quali ormai entrate nell’uso, aggiunte e cancellazioni di specie, tuttavia riteniamo che la stesura di una check list sia un problema diverso da quello che qui interessa, e che esso pertanto vada trattato in altra sede.


A che cosa serve
L’utilizzazione dei valori di biondicazione apre grandi possibilità di ricerca nei campi dell’ecologia della vegetazione e più in generale nell’ecologia del territorio e del paesaggio. Si adatta particolarmente a elaborazioni computer assisted su grandi set di dati. Le possibilità di applicazione sono molto ampie, e riguardano sia la valutazione delle condizioni ecologiche di un sito, del popolamento di questo, oppure l’individuazione di modelli nei rapporti ecosistemici. esse dipendono soltanto dalla fantasia del ricercatore. Si elencano qui sotto alcuni argomenti sui quali la bioindicazione è stata usata con successo; si omettono citazioni bibliografiche, perché questo appesantirebbe il testo, comunque si tratta di esempi che possono essere trovati anche nei lavori citati in bibliografia:

- confronti e paragoni tra diverse associazioni
- analisi di gradienti
- analisi dell’interfaccia tra aree boscate ed aree scoperte
- successioni nel tempo
- cambio climatico (verifica di rilevamenti compiuti a distanza di tempo)
- messa a punto di matrici per classificazione ed ordinamento ed analisi statistiche
- regionalizzazione sulla base dei risultati di inventario floristico
- applicazioni: selezione di specie per interventi di rinaturazione

Ovviamente, nell’applicazione della bioindicazione, vanno tenuti presenti i limiti del metodo. Qui si presenta la valutazione di 6 fattori, riguardanti circa 6000 specie, con un totale di 36.000 valori: è chiaro che non si può pretendere esattezza. Ogni dato rappresenta un’approssimazione, in quanto per ciascuna specie e per ciascun carattere vi è un campo di variabilità, che va espresso in un solo numero; la scelta del numero è arbitraria. Molti dati sono discutibili, e certamente vi sono anche dati erronei. Il metodo quindi acquista affidabilità quando viene applicato su insiemi costituiti da un gran numero di dati, così da ottenere medie significative: in generale una tabella fitosociologica di 10-20 rilievi può avere da 50 a 150 specie, ciascuna delle quali entra con la propria frequenza percentuale oppure con la media dei valori di copertura (i due procedimenti danno risultati poco differenti), ed in questo caso le medie risultano attendibili. A titolo di esempio, si presentano gli ecogrammi delle flore d’Italia e di Germania (fig.1, dati numerici in tab. 1).

Tab. 1 – Valori medi sul totale dei dati riguardanti i sei fattori
fattori Flora d’ Italia (5776 sp. controllate) Flora della Germania (1648 sp. controllate)
somma dei valori media somma dei valori media
L 44331 7,69 11017 6,77
T 33266 6,05 6092 5,60
C 25140 5,92 7173 4,85
U 22975 4,42 7798 5,17
R 25052 4,45 6752 5,94
N 17997 3,25 5924 4,11

Per la flora d’Italia sono state calcolate le medie di tutte le specie riportate nel Catalogo Alfabetico, tranne la sola Knautia gussonei, specie dubbia di cui non conosciamo popolazioni naturali, dunque 5776 specie in totale; in realtà per i singoli fattori i totali risultano inferiori, perchè vanno scartate le specie con notazioni  e 0 (da 50 a 3-400, a seconda del fattore considerato). Dallo stesso Catalogo, sono state evidenziate le specie elencate in ELLENBERG (1974), 1648 in tutto, che rappresentano oltre 80 % del totale (nel lavoro precitato non si indica il numero preciso delle specie elencate, ma soltanto che si tratta di “quasi 2000”). Anche in questo caso sono stati scartati i valori  e 0.

Si nota come i valori di luce e temperatura siano decisamente superiori nell’ambiente della flora italiana, mentre le indicazioni relative a condizioni idriche, reazione e nutrienti hanno valori superiori per la Germania. L’Italia quindi, risulta più calda e soleggiata, ma anche più arida della Germania, come ci si poteva aspettare. I suoli in Italia risultano più acidi e poveri di nutrienti, probabilmente a causa della maggiore incidenza di suoli a bassa fertilità sia in montagna che negli ambienti mediterranei di macchia e gariga. Più difficile interpretare il dato riguardante la continentalità, che risulta superiore in Italia; è possibile che questo sia un effetto della presenza nella flora d’Italia di consistenti gruppi di specie mediterraneo-turaniane e saharo-sindiche, con indubbie caratteristiche continentali, e che non raggiungono la Germania per motivi termici. I dati completi relativi a tutte le specie della flora d’Italia si trovano sul sito http://www.floragarz.net (oppure flora3).


Critica ed autocritica
Dal punto di vista del procedimento, va rilevato che secondo ELLENBERG, le cifre da 1 a 9, mediante le quali viene espressa l’ecologia degli ambienti nei quali si presentano le singole specie, in realtà sono indici, che esprimono le situazioni descritte nel Quadro d’Assieme (vedi sotto): si tratta di stati differenti che vengono descritti, ma non corrispondono ad una situazione esattamente quantificabile. Seguendo un metodo rigoroso, si dovrebbe escludere di poter calcolare una media tra questi indici. Infatti, benchè i fattori ecologici assumano ogni possibile stato tra massimo e minimo, manca la garanzia che tra eventuali misure sperimentali e gli indici vi sia una relazione diretta. Ad es., per quanto riguarda il fattore luce (L), per il quale abbiamo una grande quantità di misure in campo, i valori secondo ELLENBERG ed i dati sperimentali sembrano seguire una relazione esponenziale. Resta però il fatto che una corrispondenza esiste: se consideriamo un valore medio pari ad es. a 4,5, questo significa chiaramente che esso è superiore a 4, ma inferiore a 5, anche se manca la garanzia che sia proprio a metà tra i due. L’uso delle medie rappresenta dunque un’approssimazione, che riteniamo vada accettata, perchè apre la possibilità di una generalizzazione dei risultati, che finora era impensabile.

In un senso più generale, si può osservare che la bioindicazione proposta da ELLENBERG potrebbe venire accusata di tautologia: infatti il valore di indicazione, che si usa per valutare l’ecologia delle associazioni vegetali, è stato a volte dedotto dalla presenza delle specie in quelle stesse associazioni. Si tratta di una critica che poteva avere un fondamento nel passato, tuttavia i valori proposti nel presente lavoro sono in gran parte controllati mediante un gran numero di misure sperimentali (soprattutto per quanto riguarda luce, calore e umidità, cfr. Onori, 2002), che confermano la classificazione proposta da ELLENBERG. Pensiamo che sia ormai maturo il passaggio dai numeri-indice ai valori sperimentali, che potrà avvenire in futuro, quando la comunità scientifica ne avrà acquisito la consapevolezza.

Vanno qui discusse anche l’ampiezza e la centratura delle scale utilizzate. Si tratta di un problema di natura tecnica, ma comunque importante. In ELLENBERG (1974) si legge che uno dei motivi per la scelta di una scala con cifre da 1 a 9 è stata la possibilità di utilizzare 5, come valore centrale, per quantificare le condizioni medie (riferite alla flora della porzione occidentale dell’Europa Media). Questa è una scelta senz’altro ragionevole, che però vincola i valori al territorio: è chiaro che i valori medi dei parametri ecologici ottenuti per la Germania, saranno ben diversi dalle medie dell’Alaska oppure dell’Indonesia. Verificando i singoli fattori, si nota però una situazione profondamente diversificata. Per i fattori del substrato (acqua, pH, nutrienti) si può ritenere che il range previsto per la Germania comprenda in generale le condizioni di qualsiasi altra zona geografica sulla Terra. Per quanto riguarda la temperatura, la situazione è molto diversa: il minimo rappresenta i limiti della vita nelle zone più fredde, quindi comprende tutti i casi possibili, invece il massimo è certamente troppo basso, e già per l’Italia si possono avere valori che risultano fuori scala; non ci sono ragioni perché la bioindicazione non debba venire utilizzata anche nella fascia equatoriale, ed in questo caso le temperature medie annue possono essere anche il doppio di quelle delle zone più calde della Germania. Una condizione simile si ha anche per la luce, tuttavia qui il problema è più complesso: la intensità della radiazione luminosa (espressa in unità PAR) all’Equatore non è molto superiore a quella che si potrebbe avere da noi, cioè verso 2000-2500 E nelle ore meridiane di giornate chiare, però la differenza sta nel fatto che da noi questi valori si raggiungono solo in condizioni di eccezionale limpidezza, in estate ed in alta montagna, mentre nella fascia tropicale esse sono normali per lunghi periodi dell’anno. Quindi, i massimi superano di poco quelli della Germania, ma le ore effettive di esposizione ad alta intensità luminosa all’Equatore sono molte di più che nella fascia temperata. Anche per la luce, si deve dunque ricorrere ad un ampliamento della scala, già anche nel caso dell’Italia. Resta poi il problema della continentalità, che verrà discusso nel paragrafo seguente.

L’espansione delle scale per i fattori L e T può sembrare una manomissione, perché altera l’uniformità delle scale di valutazione proposta in ELLENBERG (1974) e mantenuta in tutti i lavori successivi. Tuttavia, va ricordato che già nell’edizione originale dei Zeigerwerte, la scala per il fattore umidità è con 12 valori, anziché 9, e questo non ha creato difficoltà. In realtà, non ci sono operazioni che collegano tra loro i valori di fattori differenti, quindi non vediamo motivi che impongano l’uso di scale uniformi. Un’ipotesi alternativa viene proposta da BÖHLING, GREUTER e RAUS (2002), per la flora di Creta, nella quale anche per L e T si usano scale di 9 valori, calibrate sulle condizioni ambientali dell’isola di Creta. La cosa non sembra produrre problemi, perché la flora dell’isola mediterranea è del tutto differente da quella germanica, e le specie in comune sono per lo più sinantropiche, difficilmente modellizzabili e poco significative. Però in qualche caso le differenze sono evidenti: per Quercus pubescens a Creta T = 6 mentre in Germania T = 8. Ovviamente, questa quercia in Germania indica un ambiente caldo, submediterraneo, mentre nel Mediterraneo essa è indicatrice di clima fresco. Comunque sarà difficile che qualche ricercatore intenda stabilire un paragone numerico tra la vegetazione della Germania e quella di Creta. Però in questo modo si creano per lo stesso scopo scale di aspetto uguale, ma con significato differente, e questo può essere causa di errori. Riteniamo quindi che la soluzione scelta da noi sia preferibile.



Prospettive
Questa lista floristica, corredata da valori numerici per la bioindicazione dei fattori ecologici, deve essere considerata una prima approssimazione, cioè un materiale in fase di progressivo completamento e che richiederà un lungo periodo di revisione. Del resto, anche ELLENBERG, nella sua prima edizione del 1974, metteva chiaramente in evidenza che si trattava di un documento in progress. L’ecologia di specie poco conosciute può essere stata male interpretata, nella lista che qui presentiamo, dunque essa andrà progressivamente aggiornata; è sicuro che l’accrescersi delle conoscenze permetterà di correggere le indicazioni inesatte. Bisogna inoltre inserire alcune centinaia di specie che sono da aggiungere nella lista della flora italiana, rispetto alla Flora (PIGNATTI, 1982) che viene qui utilizzata come riferimento. Inoltre, per l’uso sul territorio, sarà necessario corredarla con analoghe liste riguardanti briofite e licheni: questi dati sono già disponibili per le specie della flora della Germania (nella terza edizione del lavoro di ELLENBERG, uscita nel 1992) e sono abbastanza completi anche per quanto riguarda la catena alpina; le liste però vanno ampliate e completate con gli elementi mediterranei ed endemici presenti nella nostra flora. Dunque, è necessario pensare fin d’ora alla necessità di una seconda edizione.

In un senso più generale, si può pensare che si ponga ormai il problema di sviluppare questo tipo di biondicazione su una base più larga di quella rappresentata dai confini politici tradizionali. Già ora, con l’estensione all’Italia, le specie per le quali esistono valori di bioindicazione si avvicinano al 60 % della flora europea e sembra possibile che presto si abbiano ulteriori allargamenti. Però, se è possibile già ora pensare di sviluppare un procedimento valido per l’Europa, sarebbe conveniente programmarlo in modo che esso possa avere applicazione globale. Il passaggio dalla scala di singoli paesi (Germania, Italia) alla scala globale pone il problema dei vaori di riferimento. Uno di noi (S.P.) ha avuto modo di discutere questo problema con H. ELLENBERG quando ha avuto per l’ultima volta l’occasione di incontrarlo nel 1993; in quell’incontro ci si è trovati d’accordo sull’opportunità di modificare le scale dei valori in modo che esse potessero venire applicate dovunque, ma non si è approfondito come questo potesse venire realizzato.

Con l’esperienza attuale, sembra che si potrebbero prospettare le modifiche seguenti:
• Abbandonare gli indici e sostituirli con valori sperimentali di misure in campo oppure di stazioni meteorologiche.
• Definire per i fattori L, T, U, R, N il range osservabile su scala mondiale.
• Creare le corrispondenti scale comprendenti tutti i valori tra il minimo ed il massimo, divise in gradi, eventualmente 10 oppure 100, tutte con un numero eguale di gradi.
• Passare dall’opera stampata al sistema esperto, con progressivi ampliamenti e emendazioni.
• Nei casi di specie con un ampio campo di variabilità si possono inserire nel programma di elaborazione, informazioni che distribuiscono le frequenze della specie lungo una gaussiana.
• Prendere in considerazione la possibilità di cambiare il significato del fattore C (vedi sotto).

Per quest’ultimo punto, cioè la continentalità (C), l’applicazione del metodo in Italia fa sorgere un problema, ed a maggior ragione questo avviene se il metodo va esteso su scala mondiale. La continentalità è un fattore importante per l’ecologia territoriale in Germania, il cui territorio si estende da una zona ad elevata oceanicità (coste del Mare del Nord) al clima continentale della Sassonia. In Italia invece, data la configurazione geografica, ci si trova quasi ovunque in ambiente intermedio tra oceanico e continentale, salvo nelle vallate centroalpine con clima francamente continentale. Questo fattore risulta pertanto abbastanza privo di significato; molto più importante, nel nostro caso, sarebbe un indice di mediterraneismo, basato sulla durata della stagione arida. Se però si prendono in considerazione le condizioni di altri biomi (es. Sahara, Hawaii, Himalaya) è probabile che il clima sia determinato da fattori del tutto differenti. Si potrebbe pertanto pensare che la posizione del fattore C venisse occupata dal fattore del clima, che risulta di maggiore importanza nel determinato bioma, ma diverso caso per caso. Una soluzione per questo problema potrebbe venire solo da una risoluzione concordata in ambito internazionale.




Bibliografia
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QUADRO D’ASSIEME DEI VALORI DI BIOINDICAZIONE
(da Ellenberg 1974, modif.)

Abbreviazioni:
 – specie ad ampio spettro
0 – informazioni insufficienti

L = Valore di luce
(Distribuzione della specie in relazione all’intensità luminosa relativa – si intende l’intensità nell’ambiente naturale della specie nella stagione con il massimo sviluppo fogliare)

1 – ombra densa, fino all’ 1% della luce esterna, ma per brevi periodi può salire fino al 30 %
2 – condizioni intermedie fra quelle di 1 e 3
3 – piante d’ombra, per lo più su valori attorno al 5 % della luce esterna
4 – condizioni intermedie tra quelle di 3 e 5
5 – piante di mezza ombra, valori superiori al 10 % e per brevi periodi anche in piena luce
6 – condizioni intermedie tra quelle di 5 e 7
7 – in generale in piena luce, ma spesso anche con luce ridotta
8 – condizioni intermedie tra quelle di 7 e 9
9 – esposizione al pieno sole in clima temperato con nebulosità frequente
10 – in pieno sole in stazioni esposte a elevato irraggiamento
11 – in pieno sole con elevato irraggiamento e clima a scarsa nebulosità
12 – come sopra, in stazioni nelle quali si aggiunge un effetto di riflessione.

T = Valore di temperatura
(Il valore è ricavato dalle medie annue delle temperature delle aree di distribuzione della specie, dove possibile anche da misure in campo nelle relative associazioni vegetali)

1 – indicatori di ambiente freddo, solo in alta montagna oppure con distribuzione artico-alpina
2 – condizioni intermedie fra quelle di 1 e 3
3 – indicatori di ambiente fresco, in ambiente montano-superiore o subalpino, della zona temperato-fredda
4 – condizioni intermedie tra quelle di 3 e 5
5 – specie adattate alle condizioni medie della fascia temperata, da noi per lo più in bassa montagna
6 – condizioni intermedie tra quelle di 5 e 7
7 – nella Pianura Padana oppure ambienti mediterraneo-montani aridi: eurimediterranee
8 – condizioni intermedie tra quelle di 7 e 9
9 – specie mediterranee nel bosco sempreverde, macchia ed ambienti relativamente freschi: stenomediterranee
10 – specie mediterranee di stazioni calde
11 – specie sudmediterranee di ambienti mesici
12 – specie sudmediterranee di stazioni calde ed ambienti subdesertici.

K = Valore di continentalita’
(Distribuzione geografica delle specie interpretata secondo il gradiente di continentalità)

1 – specie oceaniche (per lo più come disgiunzioni con probabile significato relitto)
2 – specie dell’elemento atlantico con areale parziale in territorio italiano
3 – specie insulari e costiere
4 – specie occidentali oppure legate a distretti con elevata piovosità
5 – condizioni medie della flora di clima temperato
6 – subcontinentali, con baricentro est-europeo o eurasiatico
7 – continentali distribuite in aree con bassi valori di precipitazioni annue
8 – specie delle valli aride centroalpine
9 – specie ad areale principale continentale, con disgiunzione sul nostro territorio.

U = Valore di umidità

(Distribuzione delle specie nei vari ambienti in base al gradiente di umidità del suolo, da molto arido a moderatamente umido, ad ambienti paludosi ed a vegetazione natante o sommersa)
1 – indicatori di forte aridità, in grado di vivere soltanto in luoghi secchi e su suoli aridi
2 – condizioni intermedie fra quelle di 1 e 3
3 – indicatori di aridità, più frequenti nei luoghi secchi che in quelli con falda superficiale; assenti da suoli umidi
4 – condizioni intermedie tra quelle di 3 e 5
5 – principalmente su suoli ben provvisti d’acqua, mancano su suoli inondati oppure soggetti a disseccamento
6 – condizioni intermedie tra quelle di 5 e 7
7 – indicatori di umidità, vivono su suoli umidi, ma non inondati
8 – condizioni intermedie tra quelle di 7 e 9
9 – indicatori di condizioni palustri, distribuiti su suoli frequentemente sommersi (talora asfittici)
10 – indicatori di sommersione transitoria, che possono vivere anche in condizioni subaeree per tempi  lunghi
11 – piante acquatiche, radicanti sul fondo, ma con parti della pianta in condizioni normali emergenti, oppure galleggianti sulle superficie dell’acqua
12 – piante sommerse, costantemente o almeno per lunghi periodi

pH = Valore di reazione del substrato
(Distribuzione delle specie lungo il gradiente di pH del suolo o contenuto di calcare)

1 – indicatori di forte acidità, non si presentano su suoli basici, neutri o blandamente acidi
2 – condizioni intermedie fra quelle di 1 e 3
3 – indicatori di acidità, vivono su suoli acidi e solo sporadicamente si presentano su suoli neutri
4 – condizioni intermedie tra quelle di 3 e 5
5 – specie mesofile, che mancano sui suoli decisamente acidi o basici
6 – condizioni intermedie tra quelle di 5 e 7
7 – indicatori di ambienti blandamente basici o neutro-basofili, mancano su suoli acidi
8 – condizioni intermedie tra quelle di 7 e 9
9 – specie calcifile oppure di altri substrati marcatamente basici

N = Valore di nutrienti
(Distribuzione delle specie in relazione alla disponibilità di nutrienti nel suolo durante la stagione vegetativa)

1 – specie che crescono in condizioni di oligotrofia, su terreni poveri di fosforo, nitrati e materia organica
2 – condizioni intermedie fra quelle di 1 e 3
3 – specie di suoli poveri di nutrienti
4 – condizioni intermedie tra quelle di 3 e 5
5 – crescita ottimale su suolo umificato, ben provvisto di nutrienti
6 – condizioni intermedie tra quelle di 5 e 7
7 – occupano gli ambienti nei quali si ha concentrazione di nutrienti nel suolo
8 – condizioni intermedie tra quelle di 7 e 9
9 – specie di ambienti con eccessiva concentrazione di P e N, soprattutto nelle discariche e dove si ha accumulo di escrementi animali


S = Valore di salinità
(Distribuzione in relazione alla concentrazione salina nel suolo oppure nelle acque)

1 – tollerano una bassa concentrazione di sali, ma crescono meglio in ambiente che ne è privo
2 – generalmente in ambiente salato, ma anche negli altri ambienti (alofita facoltativa)
3 – indicatore di salinità in elevata concentrazione (alofita obbligata).

Catalogo alfabetico della flora vascolare d’Italia
(Pteridophyta, Gymnospermae, Angiospermae)

Nomenclatura secondo PIGNATTI S., 1982 – Flora d’Italia. 3 voll. Edagricole.









Didascalia per la figura

Fig. 1 – Ecogrammi per le flore d’Italia e Germania, ricavati dalle medie dei valori relativi ai sei fattori ecologici: L – luce; T – temperatura; C – continentalità; U – umidità; R – reazione del suolo; N – nutrienti. Sono stati presi in considerazione soltanto i valori numerici (le indicazioni  sono state trascurate).
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